La massima ambizione nel nostro paese è ottenere il “posto fisso”, un qualunque posto fisso.
E’ radicata in noi la convinzione che la sicurezza in campo lavorativo e la stabilità in generale nella nostra vita, sia legata ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Per questo i nostri giovani passano anni a rincorrere quest’àncora, questo “status quo”, questo angolo di “confort-zone” che purtroppo non rappresenta più un’opzione vincente.
Un qualunque posto fisso
Se indichiamo un “qualunque” posto fisso, non lo facciamo casualmente. Infatti secondo recenti sondaggi di Swg – società specializzata in progettazione e realizzazione di ricerche di mercato – il contratto a tempo indeterminato rimane fondamentale per quasi un italiano su due: per la precisione per il 49% degli intervistati. Un altro aspetto interessante è che anche chi non ritiene prioritaria questa scelta (circa 1 su 3, il 39% del campione), lo indica come un criterio molto importante per la scelta di una posizione lavorativa . Da questi dati emerge come per molte persone l’importante sia firmare quel benedetto contratto, come operaio, come impiegato, come muratore o come barista purchè “fisso”. Non è interessante sapere quello che uno fa. Non è rilevante che piaccia o meno. L’unica cosa che conta è avere la garanzia di quell’entrata economica mensile per sempre. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

E’ la scelta giusta?
Siamo proprio sicuri che sia un bene accantonare i proprio interessi, sogni e passioni per rincorrere questa idea di felicità del contratto “stabile”?
Non è un po’ come paragonare i soldi alla felicità?
Non rischiamo di barattare la nostra realizzazione nella vita con la sicurezza economica e finanziaria, che è solo una parte del nostro vivere quotidiano?
E come si fa a parlare di posto fisso e sicurezza nel mondo di oggi? Con la rivoluzione planetaria in corso. quella alla quale stiamo assistendo, dove neanche più gli Stati sono al sicuro, come facciamo a dire che un lavoro è sicuro?
Pensiamo a questa situazione: immaginiamo di avere finalmente ottenuto l’indeterminato dei nostro sogni. Fantastico! Dopo 5 anni la nostra multinazionale va in rosso e quacuno in uno sperduto paese del mondo decide che è ora di ristrutturare. La sede dell’Azienda viene trasferita in uno Stato con una tassazione più favorevole. Oppure l’Azienda viene venduta ad un’altra società che mette in atto una “cura dimagrante”. Oppure, e questo è il caso peggiore, l’Azienda fallisce. A questo punto che cosa si fa? Da dove ripartiamo se ci hanno cresciuto come polli da batteria con il dogma del lavoro sicuro? Come troviamo un altro posto sicuro?
L’evoluzione del mercato del lavoro
Gli ultimi anni, caratterizzati dall’emergenza Covid, ci hanno insegnato che tutto può cambiare in un attimo. Nessuno, fino al febbraio 2020, avrebbe immaginato gli effetti e gli stravolgimenti che avrebbe apportato in Italia e nel mondo un virus a rapida diffusione. Eppure milioni di persone nell’arco di poche settimane hanno imparato a lavorare in smart working; ora conoscono Zoom, Google Meet e decine di altre piattaforme per fare riunioni di lavoro e non solo. Ma la ricaduta è stata anche una difficoltà crescente per tutti i lavori in Aziende manifatturiere e commerciali. Quanto sono al sicuro queste tipologie di lavoro?
Anche senza la pandemia del Corona Virus, il nostro mercato del lavoro è in continua evoluzione e il virus ha solo accelerato i tempi. La parola d’ordine oggi è: COMPETENZE. Ciascuno di noi oggi deve essere bravo e competente nel proprio settore e pronto a reinventarsi in qualsiasi momento.
Le aziende ricercano sempre più personale competente e professionale, con skills che fino a 10/12 anni fa non esistevano neppure. Sono richieste nuove figure tecniche e specialistiche ma anche nuove figure manageriali in grado di gestire i nuovi lavoratori, i loro team e di valutare i risultati raggiunti.
Il concetto: la “employability“
Dai paragrafi precedenti emerge quindi con forza il concetto di employability, termine anglosassone, che si può tradurre con occupabilità. Il concetto è quello di una continua acquisizione di conoscenze e competenze, così da accrescere continuamente le proprie abilità e capacità personali. In questo modo i giovani, ma anche coloro che in seguito ad un arresto del proprio percorso lavorativo sono in cerca di una nuova occupazione, posso garantirsi una costante spendibilità del proprio profilo, ovvero migliorare la loro possibiltà di trovare un’occupazione soddisfacente e non solo dal punto di vista economico. Molto spesso infatti chi cerca lavoro ed è padrone di compentenze importanti potrà capovolgere, almeno in parte, la classica dinamica Azienda-Lavoratore. Non sarà più l’Azienda che sceglie un candidato, ma sarà il Lavoratore che potrà valutare l’impatto che quella scelta avrà sulla propria vita e decidere se le condizioni offerte sono in linea con le proprie aspettative.
La retribuzione globale
Si diceva dell’allineamento fra offerta di un’Azienda e domanda di un Lavoratore, e qui sta il punto fondamentale. Come si dice spesso non si vive di solo pane. Il lavoro nella stragrande maggioranza dei casi occupa lo spazio più grande della nostra giornata, un terzo o più delle 24 ore. E allora ci deve essere qualcosa che ci fa stare bene non per un giorno o per una settimana ma per mesi e anni. Ci deve essere la possibilità di andare a lavorare senza ansia e stress e uscire soddisfatti della propria giornata. E a fine mese ci deve essere il giusto corrispettivo al nostro operato. E poi dobbiamo avere la possibilità di progredire nella nostra carriera lavorativa fino al punto che ritieniamo giusto. Questo insieme di aspetti compongono la “retribuzione globale”, quel insieme di valori economici e professionali che portano alla soddisfazione quotidiana per ciascuno di noi.
Facile a dirsi ma non a farsi? No; come sempre è una questione di competenze. Molti studi dimostrano come chi ha maggiori competenze riesce a trovare lavori migliori ma anche retribuzioni globali soddisfacenti e una carriera che può essere molto importante. Per raggiungere questi risultati occorre avere nella propria disponibilità competenze tecniche per il proprio lavoro, ma anche soft skills e competenze organizzative per partecipare o gestire il proprio team. E’ il risultato della formazione continua di ciascun individuo.
La formazione
E’ così che si fa forte l’importanza della Formazione. Tutte le nostre competenze, da quelle trasversali, a quelle tecniche, digitali e tecnologiche vanno aggiornate costantemente. Ognuno di noi oggi può farlo autonomamente grazie a tutte le nuove modalità di apprendimento: e-learning, webinar…. Può persino imparare come presentare le proprie competenze attraverso il curriculum vitae e come giudicare l’Azienda e la sua offerta. Non c’è veramente che l’imbarazzo della scelta.

Che cosa ci permette la Formazione?
La formazione ci permette di reinventarci. Di essere sempre nuove persone sul mercato e di rimetterci in gioco. La formazione ci consente di non doverci accontentare di qualcosa che non ci piace, ma di cambiare, capire e scoprire cosa può essere più vicino a noi.
Non esistono regole uguali per tutti e soluzioni universali. Quando si parla di lavoro ognuno di noi ha il diritto di giocarsela come vuole. La soluzione che conta davvero qual’é? E’ che ognuno faccia quello che gli piace, che gli si calza bene addosso. E questo prescinde dai soldi, dalla fama, dal successo e da qualsiasi altra cosa.
Siamo tutti diversi. Ci sono persone che hanno una maggiore vocazione per il lavoro e persone che vedono il lavoro come un aspetto della vita, a cui basta raccogliere qualche spiccio da spendere nella propria passione e nel proprio hobby.
Cosa porta all’ossessione per il posto fisso?
La ricerca spasmodica del posto fisso è legata ad aspetti economici ma soprattutto psicologici. In particolare ci sono 3 motivi principali che generano questa ossessione:
1. La paura del futuro
La nostra mente ha un innato timore di ciò che succederà. Questa modalità di auto difesa ci consente di non prendere decisioni affrettate e potenzialmente dannose; d’altra parte l’eccessiva paura del futuro diventa un inganno della nostra mente, che ci porta ad uno stato emotivo in cui il ragionamento razionale non è più possibile. Il paradosso sta nel fatto che attraverso la paura del futuro cerchiamo di controllare la nostra vita e i nostri avvenimenti, nel lavoro come nella quotidianità; in realtà è la vita che ci controlla e ci fa fare proprio ciò che vorremmo evitare, come, ad esempio, rimanere in un posto che è fisso ma che non ci soddisfa per nulla. L’insoddisfazione di cui parliamo è veramente molto importante: è quella che ci porta ulteriori problemi esistenziali e psicologici fino a pensare che abbiamo una vita impossibile o addirittura che ci porta a rovinarci la salute.
2. La mancanza di fiducia nelle proprie capacità
La mancanza di fiducia fa coppia con la paura del futuro. In questo caso anche la cultura italiana aiuta a diffondere questo timore. La nostra società è da sempre dominata dal pessimismo e dalla conflittualità. Siamo un paese in eterno conflitto, uno contro l’altro e amiamo lamentarci con temi ricorrenti come la crisi, che, se ci fate caso, è sempre stata presente anche nei periodi in cui l’economia italiana andava a gonfie vele. Bisogna sempre lamentarsi del qui e ora per celebrare il passato e temere il futuro. In questo caso però c’è un facile antidoto, cioè quello di dotarsi di strumenti facilmente reperibili nella quotidianità. Non si parla solo di formazione e competenze, necessarie per aumentare la propria sicurezza, ma anche degli atteggiamenti mentali che ci guidano. Un buon modo è quello di usare l’ironia, il buffo, l’insolito per allontanare queste paure immotivate. Un brillante fisico, Richard Feynman, Nobel per la fisica nel 1965, per superare lo stress e la mancanza di fiducia in se stesso, dipingeva, suonava, andava nei …. topless bar, come lui stesso racconta nella sua autobiografia “Sta scherzando, Mr Feynman” che vi consigliamo di leggere.
3. Il terrore del rischio d’impresa
Per fronteggiare il terrore del rischio di impresa non bisogna necessariamente essere soci di un’Azienda. In fondo noi stessi siamo un’impresa, la più importante! Tuttavia se siamo sul punto di decidere se lasciare un posto “sicuro” per diventare professionisti o aderire al progetto di una nuova impresa, ci può assalire l’incubo del rischio d’impresa, che ci sembra, tra l’altro, assolutamente giustificato. Tra tasse, oneri, burocrazia… come faremo ad avere la giusta ricompensa al nostro duro lavoro? Anche qui la formazione nello specifico campo dell’impresa è fondamentale, ma rimane comunque un timore forte. La cosa più importante è capire che la paura è il nostro meccanismo di difesa verso l’ignoto e nei confronti degli eventi negativi. La paura del fallimento è quella che più si incarna nel terrore di fare impresa: è un fatto molto concreto che può avere conseguenze importanti nel nostra esistenza. Per questo le conoscenze tecniche aiutano a convivere con questi timori ma aspetti come l’auto ironia, o la capacità di vivere nel qui e ora, risolvendo i problemi di oggi senza preoccuparsi eccessivamente del domani sono fondamentali per il nostro benessere psico fisico.
Posto fisso: sì o no?
Uscire dalla propria zona di confort è fra le attività umane più difficili. Alcuni non ci riusciranno mai, altri lo fanno a fatica, altri vengono obbligati da un cambio tanto repentino quanto brutale del proprio ambiente lavorativo e sociale. Abbiamo paura a farlo ma razionalmente ci rendiamo conto che dobbiamo farlo. Ci sono culture che del continuo cambiamento anche e soprattutto del posto di lavoro ne hanno fatto uno stile di vita, altre, come quella italiana, che fanno fatica ad introdurre flessibilità. Tuttavia i disagi legati alle paure del futuro, della novità, dei rischi, sono superabili con strumenti come la lettura e la formazione continua anche in settori diversi da quelli in cui operiamo in questo momento e che ci possono portare ad un nuovo posto di lavoro con uno stipendio migliore ma soprattutto con maggiore soddisfazione che si trasforma in grinta e determinazione anche per il prossimo cambiamento (se ci sarà). Esistono miliardi di opzioni lavorative che sono tutte sullo stesso livello, che tu voglia fare l’operaio, l’imprenditore o il surfista. L’unica cosa che conta è: Qual’é l’opzione più giusta per te? Sono tutte opzioni nobili, nessuna più dignitosa di un altra.